Edito da FrancoAngeli nella collana Urbanistica. Sottotitolo: “Visioni e scenari per territorio e comunità”. Recensione di Alessandro Calzavara.
Definire cosa sia l’urbanistica appare (specialmente ai nostri giorni) una cosa ardua, perché parliamo di una merce rara, soffocata dalla produzione di piani che, per eterogenesi dei fini, diventano l’oggetto in cui il soggetto stesso svanisce. Si tratta di un meccanismo che si inquadra in quel processo di de-territorializzazione e ri-territorializzazione su cui A.M. Pidalà lavora nel suo “Alla ricerca dell’auto-sostenibilità – Visioni e scenari per territorio e comunità”, un meccanismo su cui sarebbe opportuna una più attenta riflessione. Come si comprende già dal titolo, si tratta di un lavoro complesso e composito, ricchissimo di materiali, valutazioni, riflessioni, con un importante apparato iconografico che (tutt’altro che di contorno) permette di cogliere l’importanza di una delle armi fondamentali della pianificazione, ovvero dello “schema” (termine che ha stessa radice etimologica di “sacro”), che è “forma” ma anche “dare forma”, all’interno di uno “spazio di rappresentazione” (che è altra definizione di “territorio”).
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(di Daniele Rallo)
Gli standard urbanistici è uno dei temi della trilogia classica (1) con cui venivano costruiti i piani, assieme al dimensionamento e allo zoning, della prima famiglia di strumenti urbanistici, dal dopoguerra agli anni 80 circa. Il dimensionamento degli standard (la ragioneria urbanistica) rimane però ancora in alcune Regioni, soprattutto meridionali, uno degli elementi di valutazione del progetto di piano. Nonostante siano da stati dichiarati superati ed obsoleti rimangono tutt’ora vigenti (2) e tutte le leggi regionali di “governo del territori” le hanno confermati anche se con modalità diverse. Per esempio la recente legge urbanistica (n. 24/2017) della Emilia Romagna da una parte rimanda tout-court al D.M. del 1968, dall’altra specifica che il piano deve essere dimensionato su 30 mq per abitante “effettivo”, cioè “reale” contro il “teorico o equivalente” (100 mc).
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(di Daniele Rallo)
La tematica dell’esproprio nel nostro Paese ha una lunga storia. Esattamente parte nel 1865 con la legge n° 2359, conosciuta come Pisanelli. Sono passati più di 150 anni ma i principi fissati allora li ritroviamo nel “recente” Testo Unico per le espropriazioni approvato con Decreto del Presidente della Repubblica nel 2001 (D.P.R. n° 327/01).
Salvatore Salvago, già Presidente della Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, ripercorre tutta questa storia passando per la Legge Urbanistica n° 1150 del 1942 (tutt’ora vigente) per la Legge n° 865 del 1971, alle vicende del Valore Agricolo Medio (V.A.M.), alle sentenze della Corte Costituzionale, per approdare, alla fine di questo viaggio, alla “restaurazione della legge fondamentale del 1865” (titolo dato dall’autore al cap.16.4).
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