La questione ambientale come fondamentale punto d’incontro nella pianificazione urbanistica fra scientificità e umanesimo verso lo sviluppo sostenibile

Intervento di Silvano Dalpasso in qualità di rappresentante dell’ASSURB e del Manifesto per il Po al Convegno di studi Itinerari scientifico-tecnologici nel Delta del Po – Attività antropiche e uso del territorio – Prospettive future tra sviluppo e sostenibilità, tenutosi a Ferrara il 20 giugno 2019 su iniziativa dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna e della Rete Alta Tecnologia Emilia-Romagna – Tecnopolo Ferrara.

di Silvano Dalpasso*

*) Intervento in qualità di rappresentante dell’ASSURB e del Manifesto per il Po al Convegno di studi Itinerari scientifico-tecnologici nel Delta del Po – Attività antropiche e uso del territorio – Prospettive future tra sviluppo e sostenibilità, tenutosi a Ferrara il 20 giugno 2019 su iniziativa dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna e della Rete Alta Tecnologia Emilia-Romagna – Tecnopolo Ferrara.

Il titolo che, in relazione al tema del convegno ho voluto assegnare alle considerazioni che ora pongo alla vostra attenzione, ha un preciso significato. Come avrete sicuramente notato esso comprende sinteticamente quelle che, a mio parere come urbanista territorialista, sono le considerazioni fondamentali che devono presiedere alla programmazione di assetti economici e sociali su ogni territorio per mezzo della pianificazione urbanistica, intesa questa non come scienza ma come “disciplina totalizzante” rivolta all’uso e non al consumo.

Esse sono, in ordine di importanza:

  1. la “questione ambientale”;
  2. la “scientificità” delle indagini;
  3. l’ “umanesimo” come fattore sociale;
  4. lo “sviluppo sostenibile”.

Dalla loro integrata considerazione rivolta ad una buona, o quantomeno corretta redazione del Piano, scaturisce che non è tanto importante “fare” il piano, ma “come” farlo per poter ottenere una costante guida rivolta a quegli indirizzi strategici che possono guidare i decisori e gli amministratori politici verso una corretta e utile gestione del territorio rivolta al suo uso e non al suo consumo.

Passando ad esaminare i significati veri di queste considerazioni possiamo osservare che:

  1. La questione ambientale, nel suo significato autentico, ha al centro il valore ambiente che, per sua precisa natura, si può indicare con l’equazione
    AMBIENTE = SUPPORTO FISICO + UOMO + TEMPO.
  2. La scientificità deriva immediatamente dal termine “supporto fisico” che esige, in relazione alla sua origine genetica, una asettica ricerca scientifica a carattere pluridisciplinare, assolutamente indispensabile per la doverosa conoscenza dei luoghi e della loro creazione nel tempo. E questo è proprio il caso del Delta del Po, la cui conoscenza complessiva non può essere limitata da un confine amministrativo. Per la sua genesi geo-morfologica è uno dei più significativi esempi di “costruzione di territorio” a partire dal periodo post-Wurmiano, ultima parte del quaternario ancora in corso. Per queste condizioni la sua unitaria analisi e pianificazione urbanistica, rispettosa delle amministrazioni interessate, potrebbe essere un un laboratorio unico al mondo, oltretutto in linea con la nostra legge 183/89 sui “Piani di bacino”.
  3. Il valore “umanesimo” scaturisce prepotentemente dalla presenza dell’uomo che, con i suoi problemi e la storicità accertata dei suoi interventi costituiscono quella “cultura locale” da considerare come parte ineludibile della questione ambientale. Essa permette di accertare e determinare anche il valore “paesaggio” come espressione di eventuale dissesto da correggere o fattore di assetto da valorizzare e proteggere come manifestazione della più preziosa e produttiva cultura locale. Il “Genius loci” come valore anche economico. Lo ha espresso chiaramente la recente sentenza del Cons. di Stato – IV^ Sez.- n° 2222 del 2014 che, in sede giurisprudenziale e nel solco dell’Art. 9 della Costituzione, definisce il paesaggio come “bene primario e assoluto la cui tutela è quindi prevalente su qualsiasi altro interesse giuridicamente rilevante, sia di carattere pubblico che privato”.
    Sentenza tranciante che non ammette discussione.
  4. Dalle considerazioni coordinate di queste analisi e da questa prospettiva di sinergismo scaturisce l’indirizzo operativo verso quello “sviluppo sostenibile” al quale già accennai nel Convegno di Bologna del 31/10/18. Esso è ormai diventato argomento costante in ogni dibattito sugli assetti territoriali. Si valorizza così quell’Etica pubblica aristotelica, tanto spesso invocata, quale utile metodologia amministrativa (già indicata all’inizio del ‘900 da Max Weber) per produrre nel benessere collettivo anche quello individuale.

Ecco quindi che da questo incontro coordinato nella pianificazione urbanistica territoriale di aree più o meno vaste emerge immancabilmente la conclusione che la “questione ambientale” diventa la vera e unica condizione alla trasformazione da considerare come prioritaria e propedeutica ad ogni approccio nella formazione del Piano. 

Ma essa è una condizione necessaria ma non ancora sufficiente. Perché lo sia occorre che sia accompagnata da una programmata partecipazione sociale che dà corpo a quell’aspetto umanistico volutamente indicato. Essa è efficace se è preceduta sempre da una corretta informazione pluridisciplinare sui presupposti conoscitivi che giustificano la portata del Piano e le sue finalità. Presupposti conoscitivi che devono essere esposti e discussi pubblicamente dai redattori dello strumento pianificatorio prima della sua redazione finale. Un’ informazione ex-ante che produca scelte utili condivise come peraltro prevede anche una norma europea.

Ma la partecipazione sociale si ottiene non chiedendo che la società, la “gente del posto”, si sposti verso la scienza, ma al contrario, come sembra indicare il presente convegno, con la scienza che si sposti sui luoghi oggetto di analisi pianificatoria discutendo non su temi generali, che pure sono importanti, ma toccando con la competenza scientifica i problemi e relative proposte risolutive dei luoghi e delle persone che in essi vivono e operano dando così valore sociale ed economico alla sua funzione.

Non so se questo avviene sempre, ma occorre che gli amministratori pubblici si facciano promotori di iniziative in tal senso. Non è superficialità, o pratica “troppo costosa” come capita spesso di sentire, ma un dovere sociale. Sopratutto considerando, come ebbi già a dire nel corso delle mie ricerche, che le maggiori spese — che invero esistono per i doverosi interventi — non sono un “costo” , ma un “investimento” fra i più redditizi a favore della qualità negli sviluppi programmatori con eliminazione di possibili e costosi interventi rimediali.

Con tali scelte si certificherà che assetto ambientale, sociale ed economico sono una terna di valori inscindibili. La mancanza di uno solo di essi indebolisce ogni forma di assetto.

Così operando essi agiranno secondo un preciso dovere contribuendo a valorizzare non solo la democrazia politica, ma anche quella sociale che della prima non è meno importante.

Oltretutto anche con aumento del consenso che è il sale della democrazia.

Proposte

Il tema e il territorio oggetto del presente incontro impongono anche proposte gestionali o quantomeno indirizzi di sviluppo futuro compatibili e sostenibili.

Mi permetto quindi di segnalarne alcune. In primo luogo considerando l’estensione territoriale dell’intero delta che, nella sua costruzione/evoluzione nel tempo non ha considerato quei limiti territoriali che oggi caratterizzano la gestione amministrativa.

I^ proposta = riguarda l’ambito del PRIMARIO che è già predominante sull’intera estensione. In esso potrebbero essere favorite con impatti positivi:

  1. la produzione agricola biologica, con richiesta in forte aumento sul mercato, come aspetto produttivo vocazionale “pulito” dell’intera coltura deltizia, straordinariamente viva e vivace con primizie e prodotti tipici orto-frutticoli;
  2. la pioppicoltura con piante virus-esenti, particolarmente favorita dalla pedologia dei suoli, non solo per l’industria del mobile ma anche per la produzione di cellulosa, prodotto strategico nell’industria chimica e per la quale siamo debitori con l’estero;
  3. l’itticoltura e la molluschicoltura, ora già largamente praticate con bilanci economici da grande industria nazionale con possibili incrementi occupazionali anche nell’indotto;
  4. la vallicoltura integrata (studiata e lanciata nelle valli del delta veneto, autonoma per l’avannotteria) , per la produzione di proteine nobili con pregiate varietà ittiche;

II^ proposta = Interventi di restauro e recupero ambientale produttivo con il riallagamento di aree ex vallive bonificate (argomento oggetto di una mia pubblicazione nel 1990) con accertato dissesto pedologico, idrogeologico, riduzione nella produzione agricola (valle Moceniga e ex valli della Donzella, Rosolina e Porto Tolle (RO), e ex Canneviè, Porticino in Codigoro (FE)) e gravi patologie nella attigua vegetazione boschiva (valle della Falce) tipica del bosco planiziario nel Boscone della Mesola.

III^ proposta = Incremento del turismo di visitazione a carattere ambientale e quello convegnistico-culturale con riuso e integrazioni agevolate per servizi in strutture rurali.

IV^ proposta = Favorire, anche coinvolgendo le associazioni imprenditoriali, il diffondersi della nuova ed emergente corrente di pensiero dell’ “imprenditorialismo” come moderna azione del nuovo imprenditore che accetta il rischio in prospettiva di un buon risultato. Tale corrente di pensiero, emersa in un recente convegno a Padova (maggio u.s.) nell’ambito del “Galileo festival” dal titolo “Una finestra rinascimentale su nuovi campi culturali”, merita una giusta valutazione per quell’utile e produttivo incontro fra scienza, società e ambiente della quale ho parlato. Un incontro che provocando empatie fra gli imprenditori può produrre benefici diffusi. Quasi una forma di Capitalismo ecologico.
È il pensiero progressista che, nella sua costante modernità, si esalta nella normativa italiana espressa nell’art. 2 della L..431/85 (legge Galasso) che definisce la tutela delle aree di interesse ambientale “…norma di riforma economica e sociale della Repubblica”.

Considerazioni generali.

L’obiettivo dell’assetto territoriale di area vasta, al quale si riferisce con successo il presente Convegno e quelli che lo hanno preceduto, si può raggiungere solo con una riformata disciplina urbanistica attenta ai parametri ambientali di ambiti pluridisciplinari che caratterizzano le aree di analisi: occorrono i Piani Territoriali Paesistici Ambientali propedeutici a qualsiasi pianificazione generale o tematica. Di fronte al “cosa fare” essi esprimono il “come fare” per poter programmare quello sviluppo sostenibile nel tempo come finalità insostituibile produttrice di benefici economici e sociali.

Agli operatori e decisori politici non sfuggano queste indicazioni che trovano la loro sintesi pratica in quel nuovo significato che assume la Pianificazione Territoriale Urbanistica Ambientale, disciplina nata e creata come scuola a Venezia, con il C.d.L relativo presso lo IUAV, dall’intuizione del Prof. Giovanni Astengo e successivamente diffusa in tutta Italia.

Parafrasando Pirandello si può affermare che i personaggi esistono, attendono solo che qualche autore li metta in scena.


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