"Nuove città, nuove pianificazioni" - Massimo Gronich

E' ormai acclarato che il numero di abitanti che in questi anni risiedono nelle città ha superato – seppur di misura – il numero di abitanti dimoranti nelle aree rurali. Tale fenomeno, seppur non percepito mediaticamente, è di rilevantissima portata socio-culturale ed urbanistica; si potrebbe dire che siamo di fronte a nuovi ed inediti passaggi evolutivi della specie umana, in considerazione del fatto che l'umanità è nata nomade, è divenuta stanziale dopo quasi quindici mila anni di perfezionamento, con limitata eccezione fatta per quelle popolazioni che hanno rifiutato il processo di sedentarizzazione.

 
In proiezione si può ritenere che in un futuro prossimo la nostra generazione conoscerà l'inurbamento di quasi i due terzi dell'umanità.
Gli interrogativi di natura urbanistica e pianificatoria si renderanno sempre più ineludibili: si consideri che già oggi in Asia almeno cento metropoli superano il milione di abitanti.
Ma anche negli altri Continenti la situazione è votata all'inurbamento: a livello mondiale le città più popolate sono:

1. Tokyo, Japan 34.900.000;
2. New York, USA 21.600.000 ;
3. Soul, South Korea 21150000 ;
4. Città del Messico, Mexico 20.750.000;
5. San Paolo, Brazil 20.250.000 ;
6. Mumbai (Bombay) India 18.150.000 ;
7. Osaka, Japan 18.000.000 ;
8. Delhi, India 17.150.000;
9. Los Angeles, USA 16.800.000;
10. Jakarta, Indonesia 15.850.000.

In Italia sono due le città con popolazione residente superiore al milione di abitanti, ovvero Roma e Milano, ma sarebbero quattro se si considerano anche Torino e Napoli e , demograficamente di poco inferiore al milione.

La realtà europea è complessivamente consimile rispetto a quella italiana. L'Italia si è amministrativamente attrezzata, attraverso nuove prospettazioni giuridico-amministrative, per le quali sono ormai codificate le città metropolitane. La definizione italiana di città metropolitana è sancita ex art. 114 della Costituzione della Repubblica, e tiene conto di dati demografici urbanistici ed amministrativi.

Le conseguenti aree metropolitane riguardano le municipalità di   RomaFirenzeMilanoTorinoGenovaVeneziaBolognaCataniaNapoliBari e Reggio Calabria.

Sono compresi in detta definzione amministrativo-urbanistica anche gli insediamenti limitrofi, strettamente integrati territorialmente e con interconnessione di attività economiche, servizi essenziali alla vita sociale, cultura e peculiarità territoriali.

Tutti questi argomenti attengono alla materia della Pianificazione Territoriale, e non si vede come la gestione dei medesimi non possa o non debba essere affidata ai veri esperti delle predette realtà, gli Urbanisti e i Pianificatori.
Le tre principali aree metropolitane sono Roma, Napoli e Milano, con popolazione maggiore di tre milioni di abitanti.
Non a caso sono aree nelle quali la pianificazione di tutti i settori sociali, commerciali, di traffico veicolare e dei trasporti, del verde è importantissima per assicurare un consono livello di qualità della vita.
Nel prossimo ventennio è verosimile che si abbiano almeno trenta megalopoli con una concentrazione di almeno dieci milioni di abitanti ciascuna, con esigenze di implementazione di case, strade e servizi.
La diffusione delle tecnologie, il migliorato sistema di qualità della vita, anche se in realtà non tutte progredite, le scoperte della medicina hanno consentito di superare lo sfruttamento agricolo quale unico concetto di sviluppo, per giungere alla civiltà della produzione industriale tramite le continue fasi di commercio.
Ciò portò dapprima alla società del baratto, alla costituzione di polis, urbs o civitas quali luoghi di socializzazione materiale e difesa, e infine all'attuale insediamento metropolitano, di carattere sovracomunale, che vorrebbe esere summa di tutte le passate esperienze.
I centri urbani sono diventati veicolo di scambi culturali e di progresso, di confronto di uomini ed idee, anche se non sono sempre cresciuti in modo urbanisticamente corretto e sostenibile.
Ma c'è da chiedersi se davvero questo “Big-Bang” dell'umanità sia urbanisticamente sostenibile all'infinito, viste anche le recenti tragiche esperienze di alluvioni e inondazioni, frutto non solo della forza della natura ma anche di politiche territoriali irrispettose dell'Urbanistica.
A questo punto si deve dire con chiarezza che non risponde al vero che la concentrazione delle popolazioni nelle aree metropolitane costituisca un limite al consumo del territorio, magari in virtù dell'architettura del verticalismo o di altre tendenze edilizie.
L'unico possibile limite al consumo irreversibile e devastante del territorio è l'attuazione intelligente, professionale ed evolutiva di accorgimenti urbanistici, costituiti da tecniche da adeguarsi a seconda delle necessità in primo luogo di carattere demografico e produttivo, che i Pianificatori devono gestire nel rispetto dell'ambiente e delle esigenze delle società organizzate.
L'abbandono delle campagne e la formazione di nuclei periferici antropizzati comporterà, al contrario di quanto ci dicono coloro i quali provano un mero interesse economico-funzionale all'implementazione delle città, una domanda esponenziale di somministrazione di acqua, gas ed energia e conseguentemente di mobilità e servizi.
La questione è un “rebus”:
Serviranno pianificazioni di strade e traffico (trenta milioni di abitanti = venticinque milioni di autoveicoli circolanti), vie di comunicazione, servizi – ma tutto ciò non dovrà aggredire il territorio, e nemmeno dovrà comportare un peggioramento di qualità della vita.
Le aree verdi dovranno sapientemente essere individuate secondo i dettami della pianificazione, progettate e collocate in funzione di polmoni vegetali, pena l'irrespirabilità dell'aria.
Gli edifici dovranno essere adeguatamente qualificati in termini di comfort acustico ed energetico; insomma, si dovrà procedere al contrario di quanto fin'ora fatto in molte realtà, nelle quali quali prima si è deturpato il territorio, si sono insediati i nuclei abitativi e poi ci si è posti, in modo non sostanziale, il problema del contesto pianificatorio.
Le popolazioni dovranno poter lavorare, socializzare ma non solo virtualmente mediante i social network; esse saranno chiamate aprodurre, commercializzare – in una parola interagire in area vasta.
In ogni caso la questione degli approvvigionamenti alimentari non potrà mai ritenersi superata o data per acquisita e risolta.
Se questo fenomeno non sarà governato dagli Urbanisti e Pianificatori, attraverso un ricorso obbligatorio e preventivo ai loro saperi, il futuro prossimo, così come paventato, risulterà certamente diverso, ma in assenza di una capillare ed evoluta pianificazione territoriale ed ambientale l'umanità, purtroppo, avrà di che soffrire e rimpiangere i tempi andati.