Andrea Marçel Pidalà, “Alla ricerca dell’auto-sostenibilità”

Edito da FrancoAngeli nella collana Urbanistica. Sottotitolo: “Visioni e scenari per territorio e comunità”. Recensione di Alessandro Calzavara.  Definire cosa sia l’urbanistica appare (specialmente ai nostri giorni) una cosa ardua, perché parliamo di una merce rara, soffocata dalla produzione di piani che, per eterogenesi dei fini, diventano l’oggetto in cui il soggetto stesso svanisce. Si tratta di un meccanismo che si inquadra in quel processo di de-territorializzazione e ri-territorializzazione su cui A.M. Pidalà lavora nel suo “Alla ricerca dell’auto-sostenibilità – Visioni e scenari per territorio e comunità”, un meccanismo su cui sarebbe opportuna una più attenta riflessione. Come si comprende già dal titolo, si tratta di un lavoro complesso e composito, ricchissimo di materiali, valutazioni, riflessioni, con un importante apparato iconografico che (tutt’altro che di contorno) permette di cogliere l’importanza di una delle armi fondamentali della pianificazione, ovvero dello “schema” (termine che ha stessa radice etimologica di “sacro”), che è “forma” ma anche “dare forma”, all’interno di uno “spazio di rappresentazione” (che è altra definizione di “territorio”).  Il testo svolge il tema proposto in uno spazio definito (quello che l’autore definisce la “bioregione” dei Nebrodi), che però diventa universale approccio per le cosiddette “aree interne”, di cui molto si parla ma poco si comprende quale ruolo strategico esse abbiano nella costruzione di uno sviluppo (veramente sostenibile) culturale, sociale ed economico. Il testo non ha però un “tempo” definito. Non riguarda un piano od un progetto (“la dimensione fisico-spaziale che caratterizzava la pianificazione … è naturalmente stata assorbita e travolta da fatti nuovi ovvero da questioni molto più complesse del vivere urbano …”, afferma l’autore), ma un processo (in continua evoluzione) di interpretazione / gestione costituita da persone, tecnici, amministratori … tutti alla ricerca corale di un “posizionamento” di una comunità nell’ottica dell’auto-sostenibilità, raggiungibile solo con il pensiero / lavoro della comunità stessa: “… in un certo senso il planner diventa attivista, in alcuni casi social planner”. E Pidalà dimostra non solo di conoscere questi luoghi, ma anche di “condividerli”.  Una vera chicca alla fine del libro: una lunga conversazione dell’autore con Vittorio Gregotti.

Edito da FrancoAngeli nella collana Urbanistica. Sottotitolo: “Visioni e scenari per territorio e comunità”. Recensione di Alessandro Calzavara.

Definire cosa sia l’urbanistica appare (specialmente ai nostri giorni) una cosa ardua, perché parliamo di una merce rara, soffocata dalla produzione di piani che, per eterogenesi dei fini, diventano l’oggetto in cui il soggetto stesso svanisce. Si tratta di un meccanismo che si inquadra in quel processo di de-territorializzazione e ri-territorializzazione su cui A.M. Pidalà lavora nel suo “Alla ricerca dell’auto-sostenibilità – Visioni e scenari per territorio e comunità”, un meccanismo su cui sarebbe opportuna una più attenta riflessione. Come si comprende già dal titolo, si tratta di un lavoro complesso e composito, ricchissimo di materiali, valutazioni, riflessioni, con un importante apparato iconografico che (tutt’altro che di contorno) permette di cogliere l’importanza di una delle armi fondamentali della pianificazione, ovvero dello “schema” (termine che ha stessa radice etimologica di “sacro”), che è “forma” ma anche “dare forma”, all’interno di uno “spazio di rappresentazione” (che è altra definizione di “territorio”).

Il testo svolge il tema proposto in uno spazio definito (quello che l’autore definisce la “bioregione” dei Nebrodi), che però diventa universale approccio per le cosiddette “aree interne”, di cui molto si parla ma poco si comprende quale ruolo strategico esse abbiano nella costruzione di uno sviluppo (veramente sostenibile) culturale, sociale ed economico. Il testo non ha però un “tempo” definito. Non riguarda un piano od un progetto (“la dimensione fisico-spaziale che caratterizzava la pianificazione … è naturalmente stata assorbita e travolta da fatti nuovi ovvero da questioni molto più complesse del vivere urbano …”, afferma l’autore), ma un processo (in continua evoluzione) di interpretazione / gestione costituita da persone, tecnici, amministratori … tutti alla ricerca corale di un “posizionamento” di una comunità nell’ottica dell’auto-sostenibilità, raggiungibile solo con il pensiero / lavoro della comunità stessa: “… in un certo senso il planner diventa attivista, in alcuni casi social planner”. E Pidalà dimostra non solo di conoscere questi luoghi, ma anche di “condividerli”.

Una vera chicca alla fine del libro: una lunga conversazione dell’autore con Vittorio Gregotti.