"La pianificazione dei trasporti e la programmazione del territorio: tra prassi, limiti normativi, e discrezionalità valutative" - Paola Sartori e Paola Meneghetti

Il concetto di sostenibilità dei trasporti e della mobilità legato alla pianificazione del territorio è una problematica dettagliata solo in parte nella legislazione vigente e spesso non sufficientemente valutata nella prassi della pianificazione del territorio. Tuttavia l’integrazione tra pianificazione territoriale-ambientale e pianificazione dei trasporti, è una condizione necessaria per raggiungere livelli di pianificazione sostenibili. Partendo da questo concetto, ovviamente condivisibile, questo breve scritto vuole da un lato porre l’accento sul rapporto territorio-trasporti e sulle regole dettate dalla normativa vigente, dall’altro, vuole fare un breve accenno alle metodologie utilizzate per la valutazione nel campo della pianificazione dei trasporti.
Le prassi, i limiti normativi, la discrezionalità del valutatore
Ad ogni effetto, corrisponde una causa, ma la prassi, ormai consolidata, è quella di porre rimedio all’effetto senza curarsi, a monte, di valutare le condizioni che possono ricondurre ad uno stato di inadeguatezza del sistema infrastrutturale nel rispondere alle esigenze della domanda di mobilità, con la conseguente riduzione della qualità di vita e dell’ambiente.
D’altra parte il limite della pianificazione dei trasporti sta invece nell’approccio utilizzato, che spesso si limita agli strumenti di settore. Ma alla base di una scelta c’è un ragionamento logico deduttivo, che deve ricercare l’impatto che ha portato nel territorio gli effetti negativi derivati da una mancata pianificazione territoriale ad ampio raggio. Il sistema viabilità e trasporti è spesso affrontato con un approccio ingegneristico infrastrutturale, che pone l’accento sulla necessità di migliorare la rete infrastrutturale esistente, spesso attraverso adeguamenti tecnico funzionali, che consentano un deflusso veicolare veloce e sicuro. Nella prassi la pianificazione dei trasporti e la pianificazione del territorio sono trattate in modo disgiunto, spesso con approcci differenti e tempi diversi. In realtà, è ovvio come la domanda della mobilità è strettamente collegata alle previsioni urbanistiche e territoriali e alla realizzazione dei singoli interventi.
Il Pianificare a “comparti stagni” è ancora oggi una pratica molto diffusa, e comporta spesso strumenti di pianificazione in disaccordo tra loro, che necessitano di continue modifiche e compromessi, al fine di poter essere operativi nel territorio.
Negli ultimi anni, infatti, si è assistito ad una vera esplosione di interventi, impegnati a risolvere singole criticità della rete stradale attraverso adeguamenti e messe in sicurezza di intersezioni (nella maggior parte dei casi con la realizzazione di rotatorie che sembrano essere la panacea di tutti i problemi legati al traffico). Ma sono queste le soluzioni? Interventi costosi e comunque momentanei che spesso risolvono le criticità legate al deflusso veicolare ma penalizzano il fattore sicurezza, soprattutto in ambito urbano? Ma si può pensare alle conseguenze prima di realizzare nuovi generatori di traffico o valutare attentamente gli interventi da effettuare?
Da un’analisi della normativa nazionale e regionale in campo urbanistico commerciale e ambientale è possibile desumere che, in via generale, sono regolate, in modo dettagliato, esclusivamente le modalità relative alla verifica dell’impatto viabilistico in funzione di nuovi insediamenti commerciali. Tuttavia le metodologie proposte da direttive regionali considerano solo l’impatto sulla rete viaria afferente e hanno lo scopo di verificare se il nuovo insediamento commerciale influisce negativamente sulla viabilità esistente. Qualche cenno al considerare l’aspetto dell’accessibilità all’interno delle norme che disciplinano il governo del territorio, non sufficienti a disciplinare le valutazioni necessarie. Eccezioni si hanno negli strumenti strutturali dei comuni dell’Emilia Romagna e Lombardia, accompagnati da specifici approfondimenti che riguardano l’analisi delle criticità del sistema mobilità. La normativa Veneta che disciplina il governo del territorio, fa alcuni riferimenti alla valutazione della sostenibilità ambientale, ma non disciplina la valutazione della componente trasporti all’interno degli strumenti di pianificazione strutturale e operativa. Come risultato abbiamo molti piani strutturali veneti, soprattutto di comuni di dimensioni medio piccole che non hanno dato luogo a studi o valutazioni sulla mobilità, che si limitano ad analisi sommarie delle criticità all’interno della VAS e ad individuazioni di soluzioni viarie, molto spesso, non giustificate.
La verifica degli impatti di altre tipologie di insediamenti che possono generare conseguenze negative sul sistema trasporti, quali, aree produttive ad aree residenziali o a mutamenti generali del territorio, non sono, di fatto, imposte e regolate in modo puntuale. Le stesse procedure di Valutazione Ambientale che obbligano la valutazione delle ricadute sull’ambiente di Progetti Programmi o Piani, non specificano le modalità di analisi del sistema trasporto: la normativa nazionale in materia ambientale (D.Lgs. n° 152/2006), infatti, definisce che la Valutazione Ambientale di un Piano, Programma o Progetto deve valutare gli impatti rilevanti non chiarendo quali siano, e lasciando al valutatore la definizione dei possibili impatti sull’ambiente, che abbiano una ricaduta significativa, cumulativa, sinergica a breve, medio o lungo termine, permanente o temporanea positiva o negativa su tutte le componenti ambientali. Molto spesso, nel caso di progetti, e sempre nel caso di piani urbanistici e territoriali gli effetti sull’ambiente determinati dalla componente trasporti possono potenzialmente determinare impatti ambientali e pertanto devono essere valutate.
In sostanza, abbiamo da un lato esempi di norme che obbligano la valutazione dell’impatto viabilistico per quanto riguarda medie e grandi strutture commerciali, dall’altro la discrezionalità del valutatore o della commissione VIA o VAS nel caso di procedure ambientali o di piani soggetti a valutazione, o del responsabile del procedimento, o del funzionario che rilascia autorizzazioni, per quanto riguarda insediamenti non soggetti a VIA.

Il risultato di alcune norme regionali, porta al paradosso dell’applicazione, in cui abbiamo l’obbligo di valutare l’impatto di una grande struttura a grande fabbisogno di superficie che determinava un carico veicolare irrilevante, mentre realtà produttive che per natura generano una movimentazione di mezzi pesanti ingente, non vengono valutate dal punto di vista dell’impatto viabilistico, fino a che non raggiungono una soglia dimensionale per cui c’è obbligo di Valutazione Ambientale e la commissione o il valutatore ritiene, in modo del tutto soggettivo, di valutare e come valutare la componente trasporti.

Le metodologie di studio e gli strumenti a servizio del valutatore
Una convinzione è quella che la valutazione sia in termini di funzionalità dell’intervento, sia in termini di ricadute sull’ambiente, nel caso specifico sulla componente trasporti, sia un elemento fondamentale che, come già evidenziato, trova una sua attuazione spesso nel buon senso di chi può decidere.
L’analisi delle componenti dei trasporti comprende tutte quelle attività volte a comprendere la composizione della domanda, dell’offerta di trasporto e le criticità connesse all’interazione tra queste due componenti. Gli elementi che determinano le criticità del sistema sono valutati attraverso specifiche analisi che hanno come risultato finale degli indicatori comprensibili e misurabili. Le attività di analisi del traffico, del trasporto pubblico e della circolazione vanno inserite nell’ambito della costruzione del quadro conoscitivo per la redazione di strumenti di pianificazione del traffico, o effettuate singolarmente per lo studio di problemi legati, alla razionalizzazione del sistema di trasporto, alla circolazione o alla sicurezza stradale.
Alcune località di piccole medie dimensioni possono, infatti, in funzione della vocazione del territorio, necessitare di un Analisi della Circolazione stradale, la quale si pone l’obbiettivo di studiare lo stato di fatto e mettere in evidenza le criticità del sistema, senza avere l’obbligo di valutare tutte le componenti relative alla domanda-offerta, ma focalizzando le analisi in funzione delle criticità intrinseche del luogo oggetto di esame (un esempio concreto potrebbe riguardare la centralizzazione di servizi e cliniche ospedaliere, le quali generano un indotto particolare, che necessita di accedere all’area e di sostare nelle vicinanze).
Alcuni cenni per la ricostruzione delle informazioni necessarie per conoscere il sistema mobilità di un dato ambito. La valutazione del sistema trasporti necessita dell’analisi delle sue componenti fondamentali:
  1. offerta data dall’analisi del sistema arco-nodo e dalle relative modalità di regolazione della circolazione, della sosta, o delle corse nel caso del trasporto pubblico locale;
  2. domanda che riguarda la ricostruzione degli spostamenti e l’analisi del traffico veicolare;
L’analisi dell’offerta stradale riguarda sia la geometria che la regolazione della circolazione e viene effettuata attraverso il rilievo di tutte le caratteristiche tecnico-funzionali del sistema arco-nodo, riassumibili in linea generale in:
  • la geometria della sede e l’organizzazione funzionale degli spazi stradali, che deve essere adeguata sia al contesto urbano in cui è inserita che alla domanda, motorizzata o debole;
  • le caratteristiche plano-altimetriche del tracciato, in funzione della velocità di percorrenza, della visibilità e della leggibilità dell’ambiente stradale;
  • la scelta tipologica e la funzionalità delle intersezioni, in funzione del livello di servizio.
Per il trasporto pubblico la componente offerta è costituta dai servizi offerti per tutte le modalità di trasporto pubblico (percorsi e numero di corse) e dai mezzi per compiere il servizio.
L’altra componente assolutamente indispensabile, per definire uno studio della circolazione è la domanda di mobilità, che può essere stimata utilizzando:
  • modelli matematici
  • indagini dirette
I modelli matematici consentono di stimare la domanda di mobilità attuale e futura, in funzione di caratteristiche socio economiche e territoriali dell’area di studio e del sistema di trasporto in essa operante.
Uno dei più utilizzati e consolidati è il modello a quattro stadi. Ogni spostamento è risultato di una serie di scelte effettuate dall’utente del servizio di trasporto e dettate dalle alternative disponibili. Anche se le scelte di viaggio sono interdipendenti, per una questione di semplicità, vengono suddivise in sottomodelli che messi insieme danno come risultato la domanda di mobilità globale. I modello a 4 stadi può essere sintetizzato come segue:
1generazione o emissione della domanda (chi fa il viaggio?): definita una segmentazione della popolazione in fasce orarie, ed eventualmente in motivazioni di viaggio, categorie di viaggiatori, ecc. . . e una suddivisione spaziale della popolazione in aree dette origini, si procede a valutare il numero di spostamenti generati da ogni area
2distribuzione (da dove a dove si viaggia?): per ogni origine, si valuta la distribuzione dei viaggi fra le aree di arrivo (destinazioni). La segmentazione della popolazione serve a tener conto del fatto che per fasce orarie, motivazioni e categorie diverse di popolazione la distribuzione sarà anche diversa.
3. scelta modale (con che mezzo si viaggia?): per ogni coppia origine-destinazione (O/D), si determina la distribuzione dei viaggiatori tra i diversi mezzi disponibili (privati e pubblici)
4. assegnazione (lungo quale percorso si viaggia?): per ogni coppia O/D e per ogni mezzo, si determina il percorso effettivamente seguito sulla rete di trasporto.
Le indagini dirette consistono nel rilevare le caratteristiche attuali della domanda di mobilità mediante conteggi di traffico e/o interviste agli utenti del sistema di trasporto.
In funzione della criticità, della localizzazione della scala e della tipologia dello studio si possono effettuare:
  1. indagini al cordone ossia attività di rilievo atte a raccogliere informazioni sulla frequenza tipologia e modalità dello spostamento in ingresso e in uscita dal territorio oggetto di studio (interviste agli utenti della modalità i trasporti, indagini con metodo delle targhe).
  2. rilievo automatico e monitoraggio dei flussi veicolari, mediante strumentazione radar, o piastre a rilevazione magnetica. I veicoli vengono rilevati in intervalli stabiliti e classificati in funzione della loro lunghezza e velocità.
  3. conteggi manuali che consistono nel rilevare a vista, i passaggi dei veicoli attraverso una determinata sezione stradale, o nel caso di rilievo dei flussi ad un’intersezione, nel rilevare le manovre di svolta. I veicoli vengono rilevati in intervalli stabiliti e classificati in funzione della loro lunghezza.
  4. Interviste agli utenti o indagini telefoniche con lo scopo di rilevare tutte le informazioni relative allo spostamento, la disponibilità dell’utente e le criticità del sistema.
Nel momento in cui si parla di domanda, si trovano in letteratura le metodologie di ricostruzione sopra descritte, ma la ricostruzione della domanda deve essere effettuata in funzione di cosa si sta cercando di valutare. Alcuni fattori che vanno considerati sono:
  1. tipo di intervento
  2. localizzazione intervento
  3. accessibilità all’intervento
Questi fattori ci permetteranno di capire quale è la domanda che dobbiamo ricostruire, quali fattori generano maggiori impatti, e quindi che tipo di indagini effettuare.
A supporto della pianificazione e delle valutazioni nel campo dei trasporti esistono veri e propri modelli di traffico i cui algoritmi matematici sono stati tradotti in software in grado di produrre risultati, i quali consentono contestualizzare l’area oggetto di analisi e verificare l’interazione tra domanda ed offerta, attraverso il calcolo dei flussi di spostamenti e delle prestazioni (tempi di percorrenza, ritardi, costi, ecc.) relativi agli archi e ai percorsi, combinando simultaneamente i flussi di domanda O/D, i comportamenti di scelta degli itinerari e le influenze reciproche tra domanda e offerta.
Il modello di simulazione macro del traffico integra in un unico modello di rete tutti i principali sistemi di trasporto (auto, mezzi pesanti, pedoni e ciclisti, ecc.). Esistono in commercio diversi software più o meno complessi per la creazione dei modelli. Solitamente la rete che rappresenta l’offerta stradale per il trasporto individuale viene rappresentata attraverso un grafo. I nodi del grafo rappresentano le intersezioni della rete. Gli elementi lineari del grafo sono costituiti da archi mono o bidirezionali, ai quali possono essere associati una serie di informazioni relative alle caratteristiche funzionali dell’arco.
L’accesso della domanda alla rete avviene dalle zone di traffico, rappresentate da nodi centroidi, attraverso connessioni che non hanno alcuna corrispondenza con elementi reali della rete. Ogni zona genera e attrae un numero di spostamenti distinti per modalità di trasporto verso e da altre zone di traffico.
Le procedure di assegnazione, definiscono per tutte le relazioni (dalla zona i-esima alla zona j-esima) tutti gli itinerari alternativi trovati per compiere lo spostamento. A questi, in base a specifiche procedure, che variano a seconda del software utilizzato, il modello assegna il traffico veicolare sulla rete rappresentata dal grafo. Una volta calibrato, sulla base dei dati raccolti, il modello permetterà di eseguire le valutazioni relative alla modifica dell’offerta viaria sia in termini variazione dell’accesso alla rete (divieti di transito, sensi unici…) sia in termini di nuova viabilità. In altri termini questo tipo di modelli risponde alla semplice ma fondamentale domanda: cosa succede se?
Lo stesso meccanismo viene applicato in molti software per riprodurre un modello di trasporto pubblico locale. Nel modello del trasporto pubblico l’offerta è costituita dal servizio di trasporto nelle più svariate modalità. Alcuni software sono talmente raffinati che permettono perfino di definire il programma di esercizio.
Nel campo della valutazione ambientale alcuni software danno la possibilità di arrivare a proprie valutazioni delle emissioni in atmosfera e elle emissioni acustiche dovute al traffico veicolare.
Allo stesso modo, per effettuare simulazioni più dettagliate che permettono di scendere di scala fino alla singola intersezione, sono utilizzati modelli di microsimulazione dinamica. Questi modelli sono in grado di riprodurre il funzionamento del sistema stradale rappresentando il carattere dinamico del fenomeno traffico. La dinamicità permette l’analisi della capacità e del funzionamento della circolazione in prossimità di nodi singoli e complessi (reti), e di confrontare effetti di scenari alternativi, in particolare permette di affiancare alla verifica statica basata su modelli matematici, l’analisi visiva di situazioni critiche oltre a restituire indicatori di performance confrontabili: code, tempi percorrenza, ritardi, velocità.
La domanda è costituita dagli elementi dinamici della simulazione, ovvero dal traffico che transita sulla rete: il comportamento dell’unità conducente-veicolo interagisce con le altre unità conduce-veicolo presenti nella rete. Ne consegue che un veicolo accelera e decelera in funzione dei veicoli che lo precedono. Inoltre, la simulazione del comportamento di un conducente, su una carreggiata a più corsie o su una corsia di dimensioni considerevoli, percepisce anche i veicoli posti a lato, considerando quindi l’opportunità del sorpasso. La domanda di trasporto è implementata definendo i flussi veicolari in ingresso alla rete ed il carico sugli itinerari (intesi come sequenza di archi e connessioni).
La rete stradale viene modellizzata attraverso la ricostruzione puntuale delle caratteristiche geometriche, regole di circolazione, modalità di regolazione, entità e composizione traffico, le velocità, ripartizione del traffico alle svolte.
Il modello può essere applicato a porzioni di rete, o a nodi puntuali, in quanto l’aspetto dinamico mette in continua relazione il concetto di causa- effetto relativo ad ogni mutamento della relazione domanda offerta.

Alcuni spunti di riflessione 
Generalmente la letteratura in materia propone, al fine di relazionare le componenti della mobilità, di utilizzare i modelli di assegnazione e ricostruire le funzioni di costo legate alla dipendenza tra la componente domanda e l’offerta.

In realtà i dati raccolti, letti in modo critico, possono rappresentare il quadro delle criticità intrinseche legate non solo alla funzionalità del sistema arco - nodo analizzato, ma altresì ai riflessi sull’ambiente in cui si colloca la previsione. Di fatto, per quanto riguarda le valutazioni generali, che possono essere eseguite in qualsiasi realtà territoriale, l’interazione traffico – rete – ambiente non viene valutata, se non reso obbligatorio, quando vi è una variazione della domanda legata ad un qualsivoglia mutamento territoriale o urbanistico. L’obbligo delle valutazioni è legato alle dimensioni di un progetto ed alla sua tipologia, ma, la normativa vigente non disciplina gli studi legati a tutte le diverse tipologie di interventi o previsioni, che spesso possono mutare l’equilibrio di un dato ambito. Si pensi alla concentrazione di esercizi di vicinato, a servizi ospedalieri, a centri turistici stagionali o a particolari attività artigianali produttive che comportano la generazione di traffico pesante, come un consorzio di lavorazione di materie prime, che provoca il passaggio lungo le vie di accesso di mezzi agricoli o mezzi pesanti. Il traffico generato da questi insediamenti è legato al luogo in cui è inserito (urbano, sub urbano, ecc), il quale a sua volta presenta delle vie di accesso primarie e secondarie, che svolgono molteplici funzioni le quali dipendono dall’ambito territoriale di riferimento e dalle caratteristiche intrinseche del territorio. Solitamente analisi e studi vengono eseguiti nel momento in cui si verifica una situazione di disagio, ossia quando una rete infrastrutturale non è più in grado di soddisfare la domanda. Anche in quel caso spesso non viene comunque considerata l’influenza ed il rapporto stretto tra le varie reti, in funzione delle previsioni, a livello intercomunale. Le problematiche legate alla mobilità che assumono rilievo per gli amministratori sono la congestione e la sicurezza, ma come descritto fino ad ora, la visione necessaria è la gestione della circolazione e del rapporto con l’ambiente, in relazione al continuo mutare della domanda di mobilità e del territorio in cui è inserita, relazione che andrebbe continuamente monitorata.
La cosa si complica se la domanda da analizzare è sia quella attuale che quella generata, la quale va stimata.
In linea generale per stimare la domanda, di un qualsivoglia progetto, si fa riferimento a studi su realtà similari, a ricerche a livello regionale, spesso non adeguatamente aggiornate, che danno qualche indicazione relativa alle strutture commerciali, ma una metodologia univoca non è disponibile, e nuovamente si cade nell'assoluta discrezionalità del valutatore.
Riprendendo l’esempio fatto, la centralizzazione di servizi come cliniche ospedaliere, generano un indotto particolare, che necessita di accedere all’area e di sostare nelle vicinanze, ma che non necessita di alcuna valutazione obbligatoria, eppure è logico pensare che il posizionamento di un policlinico comporterà un impatto importante sul territorio, in funzione al numero di servizi erogati, agli orari di erogazione di tali servizi, ed alla tipologia. Infatti, il carico veicolare indotto provocherà effetti sia sulle infrastrutture che nell’ambito territoriale in cui è inserito. Questi flussi necessitano di accedere all’area, quindi utilizzeranno le vie di comunicazione in funzione dell’origine dell’indotto, attraverseranno necessariamente alcune località, per poi concentrarsi nelle aree vicine alla nuova zona di espansione. Quindi oltre al numero di veicoli afferenti all’area, va considerata e analizzata anche la tipologia di domanda che andrà a relazionarsi con l’offerta di trasporto e con l’ambito in cui è inserita la struttura.
Se allarghiamo la visuale e passiamo dal singolo intervento alla previsione di uno strumento urbanistico per un’area produttiva-commerciale, diventa maggiormente complesso comprendere se l’attuazione della previsione urbanistica sarà sostenibile dal punto di vista viabilistico e ambientale. Questa problematica, in sede di pianificazione e programmazione, viene trattata in maniera sommaria. Pensiamo ad una zona dove si possano insediare varie attività che comportino indotti eterogenei, le quali non hanno l’obbligo normativo di valutazione, pur confluendo nella medesima area. Il risultato è un insieme di mezzi in conflitto, di cui non si presuppone a priori la gravità, se non dopo l’insediamento delle attività stesse.
Le trasformazioni delle aree dovrebbero essere pianificate mettendo in evidenza in modo approfondito e puntuale anche i livelli di accessibilità richiesti dalle varie zone, in modo da minimizzare i conflitti e le possibili interferenze tra i diversi utenti della strada. Infatti, le zone di diversa destinazione d’uso,insediate in un dato ambito urbano, interagiscono tra di loro, in funzione di una determinata “capacità ambientale” ossia il limite di tolleranza, sia da parte degli utenti della strada che da parte dei residenti, al di sopra della quale, la qualità della vita e le funzioni dell’offerta di mobilità vengono avvertite come un effetto negativo. La conformità della rete stradale all’uso veicolare, attuale e futuro, in riferimento alla variabilità delle condizioni in cui la circolazione stradale stessa avviene, si collega al concetto di pianificazione, dove la gestione a priori della componente trasporti diventa una parte determinante delle scelte strategiche del piano stesso. In considerazione della condivisione assoluta dell’obiettivo di un atto pianificatorio di migliorare la qualità della vita, diventa fondamentale gestire la componente trasporti ricercando un equilibrio tra le diverse finalità, ossia di favorire lo sviluppo senza peggiorare le condizioni ambientali.
Una soluzione potrebbe essere quella di valutare, in sede di pianificazione strutturale e operativa l’indotto provocato da tutte le trasformazioni previste. L’indotto stimato e le relative ricadute possibili sull’ambiente dovrebbero far parte delle informazioni necessarie a migliorare le strategie legate allo sviluppo del territorio. In fase attuativa, il carico veicolare, dovrebbe essere stimato in riferimento al specifico intervento, sulla base di studi a livello regionale o provinciale relative ad aree con caratteristiche similari, per poi dimensionare o adeguare funzionalmente l’offerta di mobilità. In fase di strumento attuativo, al fine di comprendere e in parte preventivare le varie ricadute sul territorio e adeguare il concetto di muoversi in funzione di nuove infrastrutture o nuovi sistemi di circolazione, le stime generali fatte in precedenza, andrebbero verificate adattate e precisate, richiedendo uno studio specifico relativo al piano attuativo in atto. In questo modo si otterrebbe una matrice in continua evoluzione in grado di verificare costantemente il grado di equilibrio ambientale. Tale questione presuppone una certa consapevolezza da parte di chi deve decidere, il quale dovrebbe mettere sul piatto della bilancia anche il peso del continuo mutare della domanda di mobilità, generalmente più veloce degli adeguamenti degli strumenti della pianificazione urbanistica e territoriale.
In questa logica le aree programmate dovrebbero prevedere un certo numero di veicoli che l’offerta di trasporto prevista e esistente (al di là quindi dei limiti dello strumento attuativo) può sostenere. In sede di rilascio di titoli abilitativi, i progetti dovrebbero essere corredati da uno studio che attesti l’effettivo impatto viabilistico sul territorio comunale. In base alle stime realizzate, il carico veicolare potrebbe essere conforme o meno a quanto previsto, nel caso in cui sia maggiore rispetto a quello preventivato il privato dovrebbe compensare al comune la quota parte di costi maggioritari rispetto a quanto previsto. Nel caso in cui il privato non superi la quota prevista tale parte potrebbe essere decurtata dal costo degli oneri e messa a disposizione dei lotti successivi. Minore è l’effetto negativo minore saranno gli oneri. Qui possono entrare in campo anche meccanismi di premialità per le attività che riescano ad attuare sistemi di razionalizzazione dei trasporti o che adottino soluzioni per ridurre l’impatto de traffico generato.
Concludendo, sicuramente sono tanti gli argomenti toccati e tanti sarebbero ancora da approfondire, ma, ciò che importante sottolineare è che alla base di ogni singolo progetto o piano ci deve essere la consapevolezza prima da parte del legislatore, poi da parte di chi decide e di chi aiuta a decidere, che la pianificazione dei trasporti, a qualunque scala si attui, è un processo decisionale che analizza gli effetti degli interventi da realizzare al fine di ridurre i costi di trasporto, migliorare la qualità della vita, limitando l’uso delle risorse non rinnovabili e gli impatti sull’ambiente. Per questo motivo diviene essenziale che logiche e metodologie di analisi e valutazione dei trasporti entrino nel fare pianificazione territoriale e urbanistica non solo quando è necessario intervenire a correggere gli effetti.