Urbanistica Informazioni

ECTP-CEU: uno sguardo sul decennio 2010-20. Parte seconda

Markus Hedorfer – UI n. 297 – maggio-giugno 2021     

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Nel precedente numero di Urbanistica Informazioni abbiamo iniziato a raccontare gli ultimi dieci — o undici, per la precisione — anni di attività della federazione europea delle associazioni di urbanisti e pianificatori territoriali, l’ECTP-CEU, per esteso, con dizione bilingue inglese-francese, European Council of Spatial Planners – Conseil Européen des Urbanistes. Abbiamo brevemente caratterizzato che cos’è l’ECTP-CEU per poi passare in rassegna gli highlight, in termini di pubblicazioni realizzate da quando, nel gennaio 2009, avevamo per l’ultima volta parlato di Europa in questa rubrica. Dopo aver presentato i Quindici passi verso la coesione territoriale (2010, 1), l’Addendum di Istanbul (2011, 2) e la Revisione della deontologia professionale (2012, 3), siamo giunti al 2013, anno molto denso di attività per l’ECTP-CEU.

2011-2013 – Studio sul riconoscimento delle qualifiche professionali

Come in Italia per l’ASSURB, nelle attività della federazione europea la questione del riconoscimento della professione di urbanista e pianificatore territoriale è un tema costantemente presente, oltre a essere stato principale traino nella costruzione del Comitato di collegamento prima e dell’ECTP-CEU dopo. Nel 2011 venne costituito un gruppo di lavoro, coordinato da Henk van der Kamp, che avviò uno studio sui percorsi formativi e su quali titoli di studio permettessero l’uso del titolo professionale di urbanista o pianificatore territoriale. Furono presentate due relazioni. Una prima relazione (4), approvata con modifiche dall’assemblea generale autunnale del 2012, esaminava la questione dei titoli professionali e corrispondenti percorsi di formazione accademica e cercava di individuare criteri per il mutuo riconoscimento professionale o per la creazione di una cosiddetta piattaforma comune ai sensi della direttiva 2005/‌36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. La seconda relazione (5), approvata all’assemblea autunnale di un anno dopo, si era resa necessaria dopo aver constato, nella prima, che le informazioni fin lì raccolte non erano sufficienti per gli obiettivi posti e che era indispensabile un importante supplemento d’indagine proprio in merito alla “initial education” universitaria.

Il quadro che ne è emerso conferma quanto già sostanzialmente noto: le differenze sono enormi e vanno da formazioni universitarie complete di livello BSc, MSc o a ciclo integrato, come in Germania, Italia o nei Paesi Bassi, fino al solo obbligo di aver concluso un dottorato postlauream o anche solo un master o corso di specializzazione “leggero”, come in Spagna, passando per formazioni post-lauream “robusti” e indipendenti dalla laurea, come in Francia o nel Regno Unito, o dipendenti da determinate lauree, principalmente del settore delle costruzioni, come in molti paesi ex socialisti. Particolare è tuttavia il caso del Regno Unito, dove a fronte di una situazione formalmente piuttosto libera, l’autorevolezza del Royal Town Planning Institute, con il suo sistema di accreditamento dei corsi di studio BSc/MSc e di conferimento del titolo di Chartered Town Planner, impone di fatto un percorso di studio molto robusto durante tutta la carriera universitaria.

Lo studio, una pietra miliare in questi ultimi anni di attività dell’ECTP-CEU, ha inoltre fornito una fotografia interessante delle diverse impostazioni d’insegnamento, scegliendo 23 università campione e suddividendo i crediti formativi universitari tra le sette aree disciplinari — più la tesi — individuate anche in altre pubblicazioni dell’ECTP-CEU, prima fra tutte nelle Linee guida sulle competenze professionali del 2017 (6, vedi nel prossimo numero di UI). A parte il peso decisamente variabile della tesi di laurea sul totale dei CFU, salta immediatamente agli occhi la preponderanza dell’area “prodotto della pianificazione” sull’area “strumenti urbanistici”. In altre parole, le università europee non amano troppo insegnare come si redigono i documenti di piano, ma tendono a preferire approcci più “liberi”, dove quella che è la quotidianità di chi pratica la professione va un po’ in secondo piano. Ci sono poche eccezioni a questa tendenza. Spicca l’Università Norvegese di Scienze Ambientali e Biologiche (NMBU) di Ås nei pressi di Oslo con una differenza di ben 30 CFU tra le due aree. Differenze minori hanno Dublino (5 CFU), Aveiro (3 CFU) e Madrid (1 CFU), quest’ultimo è però un corso post-lauream con un totale di soli 60 CFU. In Italia (Venezia) è soltanto la triennale a insegnare più strumentazione (+2 CFU), mentre nella magistrale è di nuovo il “prodotto” a essere di gran lunga preponderante (+42 CFU) con un totale sui cinque anni di studio di –40 CFU. Altre differenze riguardano il rapporto tra teoria e tecnica e tra i tre “ambienti”, naturale, costruito e socio-economico. Com’è facile intuire, ci sono università con prevalenze più o meno accentuate: per esempio Varsavia per l’ambiente costruito, Nijmegen, Tessaglia, Lussemburgo e Venezia per le materie socio-economiche o Bruxelles e Praga per l’ambiente naturale. Invece il rapporto tra teoria e tecnica è spesso sbilanciato a favore della tecnica, con alcuni corsi che sono, secondo lo studio, addirittura completamente privi di insegnamenti di teoria della pianificazione, come Lussemburgo e Bucarest, ma anche Lubiana, la magistrale di Venezia e Aveiro, tutti corsi di studio con un totale di 120 CFU. Sull’altro versante, si registra un, sebbene più lieve, sbilanciamento verso la teoria al corso quinquennale di Ås, al BSc quadriennale di Dortmund, così come ai master di Newcastle, Madrid e altri.

Il valore di questo studio risiede nell’aver per la prima volta evidenziato queste tendenze e differenze con metodo scientifico, impiegando tecniche di valutazione che garantissero soprattutto la confrontabilità tra corsi di studio collocati in contesti accademici e professionali molto diversi tra loro. Oggi, a distanza di nove anni dalla raccolta delle informazioni che ne stanno alla base, potrebbe essere molto utile ripetere l’esercizio, allargando possibilmente la platea dei corsi che nel 2013 era stata limitata a quelli “esemplari” — uno per paese — nonostante l’anno prima fossero state raccolte informazioni su ben 166 università in 23 paesi europei. Tuttavia, la non esaustività della bancadati (alcune associazioni nazionali avevano fornito dati parziali) e la mancanza di risorse non permise di effettuare la valutazione sui panorami nazionali completi. Un compito da affidare al nuovo direttivo dell’ECTP-CEU che verrà eletto a novembre 2021.

2013 – Un secolo di pianificazione territoriale in Europa

La seconda delle tre opere del 2013 è una retrospettiva su un secolo abbondante di pianificazione territoriale in Europa (7), curata da João Teixeira, con 31 contributi scritti da complessivi 37 autori. L’anno scorso il libro è stato riedito e messo gratuitamente a disposizione in versione PDF. Teixeira classifica i contributi in tre grandi categorie: temi generici della pianificazione territoriale, prospettive regionali e locali e, infine, approcci storici. Allo stesso tempo, egli avverte però anche che “questa classificazione non è assoluta perché diversi saggi coprono più di una categoria”. L’elemento particolarmente stimolante di questo libro è che offre davvero una panoramica continentale sui temi della pianificazione e introduce il lettore — che si presume abbia uno specifico background nazionale o comunque “di parte” — nei pensieri “degli altri”, suoi colleghi, ma con differenti background culturali, sia in termini generali, sia riferiti al mondo della pianificazione. È la forza che può mettere in campo un organismo come l’ECTP-CEU, che nel suo operare quotidiano è per definizione impegnato nella tessitura di legami durevoli tra pianificatori, sistemi, teorie e tecniche di pianificazione nonché culture in generale.

2013 – Carta della pianificazione europea

La Nuova Carta di Atene, nelle sue edizioni del 1998 (8) e del 2003 (9), costituiva la carta fondamentale della pianificazione europea e, con la scelta del nome, intendeva richiamare il ruolo storico dirompente che aveva l’originale Carta d’Atene. Ma, allo stesso tempo, voleva anche rimarcare una chiara cesura rispetto al documento degli anni trenta e gettare le basi per la pianificazione del XXI secolo. Ben presto — a meno di dieci anni dalla seconda edizione della NCA — si percepì la necessità di una sua ulteriore revisione. Il risultato di queste riflessioni era, nel 2012, il cosiddetto Addendum di Istanbul (2), illustrato nel numero precedente di UI.

Tra le necessità percepite ci fu anche quella di un distacco ancora più chiaro ed evidente rispetto all’eredità del documento di corbusiana memoria e di concentrare l’attenzione anche lessicale sulla pianificazione e sulla professione del pianificatore o, volendo fare riferimento alla consuetudine terminologica francese, sull’urbanistica e sulla professione dell’urbanista. Il nome della città di Atene scompare, quindi, dal titolo della carta che viene ribattezzata, in inglese, The Charter of European Planning e, in francese, La Charte de l’urbanisme européen, riproponendo in questo modo lo stesso dualismo terminologico del nome della federazione europea.

Tornando ai contenuti, la Carta del 2013 mantiene all’incirca la struttura di quella del 2003, la integra con i contenuti dell’Addendum e li rende più chiari e forti, rinunciando anche a formulazioni che apparivano impropriamente cautelative. Per esempio, sono cadute senza mezzi termini espressioni come “al meglio delle nostre capacità professionali” laddove si chiama in causa l’impegno dei pianificatori europei nei confronti della visione delineata, riferimento che, tra l’altro, da relativo diventa assoluto (10). Un’altra importante novità rispetto al 2003 — e anche rispetto all’Addendum del 2012 — riguarda la sistematica integrazione del concetto di “città” con quello di “territorio” o “regione”. È sorprendente che questo processo cognitivo arriva in modo così tardivo. È sorprendente soprattutto perché la dimensione generale “territoriale” (o “regionale”, a seconda della terminologia usata nelle varie lingue europee) aveva già da tempo sostituito, nella teoria e nella pratica della pianificazione della stragrande maggioranza dei paesi europei, quella più specifica “urbana”.

Passando in rassegna il testo della Carta del 2013 si ha tuttavia l’impressione che alcuni concetti ed espressioni abbiano bisogno di un ulteriore rafforzamento e maggiore robustezza, anche terminologica. È un compito complesso, dove occorre fare sintesi a partire da una moltitudine di approcci e storie diverse. Anche questa può essere una sfida, per il 2023, della nuova dirigenza. Nel prossimo numero di UI vedremo una serie di documenti nati nel solco di quel “piano d’azione” che doveva seguire la Carta del 2013, che non è stato formalizzato ma evocato in più occasioni, anche sul sito web dell’ECTP-CEU.


Note

  1. Jan Vogelij. Fifteen steps towards territorial cohesion. Spatial planning guidance. ECTP-CEU, Bruxelles 2010.
  2. ECTP-CEU, Draft Istanbul Addendum to the New Charter of Athens. Bruxelles, giugno 2012. Il documento è disponibile nella sezione “Publications” del sito Internet dell’ECTP-CEU.
  3. ECTP-CEU. Draft Principles of Professional Conduct. Based on Annex C of the founding charter (1985 Charter of Amsterdam) and updated 2012. Disponibile sul sito Internet dell’ECTP-CEU.
  4. ECTP-CEU, ECTP-CEU Study on the Recognition of Planning Qualifications in Europe. 2 novembre 2012. Non più disponibile online. Un breve riassunto si trova nello Stage 2 Study (5).
  5. ECTP-CEU, Stage 2 Study on the Recognition of Planning Qualifications in Europe. Revisions included based on feedback from member associations of ECTP-CEU. Settembre 2013. Disponibile sul sito Internet dell’ECTP-CEU.
  6. ECTP-CEU. Guidelines on Professional Competences in Spatial Planning, including The Principles of Professional Conduct. Bruxelles, ottobre 2017. La pubblicazione è stata tradotta anche in francese e spagnolo. Tutte e tre le edizioni sono disponibili sul sito web dell’ECTP-CEU.
  7. João Teixeira (editor). A Centenary of Spatial Planning in Europe. ECTP-CEU, Bruxelles 2013. Il testo è stato riedito e reso disponibile in formato PDF sul sito Internet dell’ECTP-CEU.
  8. ECTP-CEU. La Nuova Carta di Atene 1998. Edizione italiana, con allegata anche la versione originale inglese. Alinea, Firenze 2000. In commercio ne sono rimaste disponibili alcune poche copie, mentre sui siti web dell’ASSURB e dell’ECTP-CEU si trovano i testi delle versioni inglese e francese.
  9. ECTP-CEU. La Nuova Carta di Atene 2003. Seconda edizione italiana, con allegata anche la versione originale inglese. Alinea, Firenze 2004. La versione cartacea è esaurita. È disponibile online il testo della versione inglese sui siti Internet dell’ASSURB e dell’ECTP-CEU.
  10. Nel 2003 si leggeva “This vision is a goal towards which we, the planners of Europe, are committed to work and to contribute, to the best of our professional capabilities” (9, pag. 18). Questo stesso passaggio, nel 2013, si ferma dopo “committed”, oltre a cambiare “a goal” nel più risoluto “the goal” (11, pag. 10).
  11. Vincent Goodstadt, Luc-Émile Bouche-Florin, Paulo Correia. The Charter of European Planning. Edizione bilingue inglese-francese. Bruxelles 2013. Illustrazioni di Yves Fauvel. Traduzione francese di Charlotte Bouche-Florin. La pubblicazione è disponibile nella sezione “Publications” del sito Internet dell’ECTP-CEU.